domenica 27 ottobre 2013

La vita è corta mangia subito il dessert...!!!


Tagliatelle ai funghi porcini.

  • 320 g di tagliatelle
  • 350 g di funghi porcini freschi
  • 1 spicchio d'aglio
  • prezzemolo tritato
  • 2 cucchiai d'olio d'oliva
  • 1 noce di burro
  • sale
  • pepe 
  • parmigiano reggiano grattugiato


                            Pulire i funghi eliminando con un coltello la terra e le parti ammaccate dei gambi e pulendo accuratamente con un panno umido il cappello del fungo.


Tagliare i funghi a fettine di 3 millimetri di spessore circa.



              In un padella antiaderente mettere un filo d'olio e una noce di burro e fare imbiondire l’aglio a fiamma non troppo alta per un paio di minuti. Togliere l’aglio dalla padella, unire i funghi, aumentare la fiamma e mescolando di tanto in tanto, farli cuocere per 15 minuti circa.


                         scolarle e farle saltare in padella con i funghi.Aggiustare sale e pepe. Cuocere le tagliatelle in abbondante acqua bollente e salata. Una volta cotte,

                           Impiattare e servire aggiungendo una spolverata di prezzemolo tritato e di parmigiano reggiano grattugiato



domenica 20 ottobre 2013

Fagioli Zolfino, la qualità tutta Toscana


Il fagiolo Zolfino è il tipicissimo prodotto dell'area del Pratomagno, un'area collinare e montuosa fra le provincie di Arezzo e Firenze attorno alla strada Setteponti, che si snoda tortuosa seguendo l'antico percorso della Cassia vetus, attraverso i comuni di Castiglion Fibocchi, Loro Ciuffenna, Terranuova, Castelfranco, Laterina, Piandiscò e Reggello. In tutto il Pratomagno ed il Valdarno le aziende che producono fagiolo zolfino sono circa 80, sei delle quali sono aziende certificate biologiche. La produzione annua è di circa 200 quintali, la maggior parte destinati alla vendita diretta nelle diverse aziende, in minore quantità nei mercati locali e nel resto della Toscana. 


Sono una varietà di fagioli autoctona del Pratomagno nel Casentino, bellissima zona della Toscana in provincia di Arezzo, l’alta valle dell’Arno. Sono da ritenersi un prodotto di nicchia. La particolarità di questo fagiolo è la quasi totale assenza di buccia, l'intenso sapore, la capacità di reggere la cottura e l'alta digeribilità. Sono rarissimi e davvero molto buoni, una prelibatezza. Sono molto piccoli, poco meno di 1 centimetro. Hanno la buccia sottile e finissima, che "si scioglie in bocca come ostia": così dicono i buongustai, accennando a questa caratteristica che ne facilita la digeribilità.  Ha una forma globosa, leggermente panciuta, ma irregolare da raccolto a raccolto e anche all'interno della stessa partita. La pasta è densa, tenerissima e cremosa. 

La verità sulle guide enogastronomiche


Le recensioni sono davvero super partes? Gli "ispettori" in incognito delle guide come svolgono il loro lavoro? Fra leggende di travestimenti improbabili, sogni di cene luculliane aggratis e la (dura) realtà ecco il racconto di Davide Oltolini. Critico giornalista enogastronomico ed esperto in analisi sensoriale che dal 2006 recensisce insieme ad altri illustri colleghi i migliori ristoranti d'Italia per le  Guida del Gambero Rosso – la Michelin nostrana, quella che al posto delle stelle assegna le forchette.
Appena pubblicata l’edizione 2014, quest'anno il massimo dei voti è andato a Bottura, Vissani, Beck e Canavacciuolo, solo due forchette a Cracco e Scabin. E via alle polemiche sul chi scende e chi sale, sugli illustri esclusi e sui locali penalizzati. Al centro del dibattito la fatidica domanda: come si giudica un ristorante?
Partiamo dalla cosa più importante: cosa si mangia per fare una recensione? Che cosa ordini?
Scelgo sempre il cavallo di battaglia dello chef o un piatto legato al territorio, o una sua rivisitazione. Valuto anche il menù degustazione, ma prima di ordinare chiedo sempre indicazioni al maître o al cameriere. 
Ti fai consigliare perché la cena è gratis?

Chiedo un consiglio perché è un modo per valutare il servizio, e poi non è detto che lo segua. Per la Guida del Gambero Rosso, paghiamo sempre le cene. Non mangiamo gratis.

A parte il cibo, che cosa guardi?
Una buona presentazione, perché meglio predispone all’assaggio, anche se va “parametrata” al tipo di locale. Poi il servizio, la carta dei vini, l’ambiente, l’atmosfera ed eventuali particolarità del locale come una bella carta delle birre o un bel carrello dei formaggi.

Non basta mangiare e dire "a me piace" e non ci si può basare sui propri gusti personali…
Bisogna prescindere dai gusti personali, e il giudizio sui piatti deve essere il più possibile oggettivo. Quello che è interessante in un piatto è l’equilibrio degli ingredienti, la tecnica di esecuzione ma soprattutto la piacevolezza, che è l’aspetto più importante.

Come si paragona un ristorante tradizionale ed uno di ricerca molecolare? Uno regionale e uno etnico?
Come nell’arte un Van Gogh è differente da un Mantegna, ma in entrambi si riconosce la qualità. Sono stili diversi, ma non uno è superiore all’altro. Su Gambero Rosso comunque ci sono due classifiche diverse, per i ristoranti e per le trattorie, e già questo divide in due grandi generi l’offerta.

Secondo Tripadvisor alcune trattorie di quartiere sarebbero migliori di una cena da Gualtiero Marchesi. Perché questo avviene? 
Non mi sembra il caso di estremizzare, ma mi sembra chiaro che Marchesi sia uno dei maestri della nostra cucina, creatore di piatti indiscutibilmente grandi. Se poi vogliamo dire che anche in locali non conosciutissimi esistono sorprese piacevoli e di qualità, anche questo è vero.
Lo standard dei grandi ristoranti però è diverso, dietro a certi piatti c’è una grande tecnica, uno studio continuo del piatto.  Non sempre si è in grado di riconoscere la qualità però, il palato  è diverso da persona a persona.  Infine dipende se si vuole spendere grandi cifre per i dettagli, oltre che se li si riesce ad apprezzare.

Come a scuola, viene anche premiata la creatività e la voglia di miglioramento?
Certamente viene premiata la continua ricerca e l’impegno dello chef o del ristoratore, la tensione verso il miglioramento – sempre che questo non vada mai a pregiudicare la qualità. L’estremo fine a se stesso non è premiante.

Ti è capitato di recensire Bottura, il migliore anche quest’anno ... giudizio meritato?
Per essere al top in Italia si deve eccellere in ogni aspetto, e lui eccelle. Il giudizio è meritato.

La gente immagina che questo sia un lavoro fantastico: quale è il dietro le quinte di questo lavoro? 
Si mangia soli, anche quando non si ha voglia, si macinano chilometri anche con la nebbia fitta. C’è sempre il risvolto della medaglia.

In questo articolo abbiamo pubblicato la tua foto ma per essere imparziali non ci si dovrebbe non far riconoscere? 
Io lavoro anche in Tv, ho una rubrica su Rai1 ad Uno Mattina in famiglia e comunque il nome di chi ha collaborato è scritto nelle guide, e con i social media è oramai facilissimo trovare le foto di tutti. I volti dei responsabili delle migliori guide sono comunque conosciuti da tutti nel settore, o lo erano fino a poco tempo fa. In ogni caso quando entro in un locale se sono lì per una recensione per una guida non lo dichiarò mai. Il tema comunque non è questo, perché anche se ti riconoscono, quello che conta è il valore del piatto. E in ogni caso se poi il bagno è sporco...

Come si diventa un ispettore da guida? E cosa consigli per chi vuole intraprendere questa attività?
Le strade sono molte. Io ci sono arrivato dopo anni di giornalismo enogastronomico, dopo innumerevoli eventi enogastronomici anche in anni in cui l’offerta era relativamente ridotta e per assaggiare certi piatti e prodotti era necessario spostarsi di molto. Quando ho fatto uno dei miei primi corsi di degustazione agli inizi degli anni Novanta mi facevo oltre 200km fra andata e ritorno due volte alla settimana. Ci vuole sicuramente passione.

Ti faccio la classica domanda che fanno tutti a chi è del mestiere: una dritta per “il posto che ancora nessuno conosce"?
Un classico! Ma mi spiace deludere. Se il ristorante mi piace, e lo consiglierei, fa parte di quelli che propongo per entrare nella Guida.

E un posto “dove si mangia bene ma si spende poco”?
Per mangiare bene e spendere il giusto ci sono i ristoranti  segnalati nella guida per l’ottimo rapporto qualità/prezzo. Mangiare bene e non spendere niente, invece è impossibile.

sabato 19 ottobre 2013

Gustatus come gustatus

Al via la settima edizione dell’evento “Gustatus – Il Senso del Gusto” ancora in partnership tra il Comune di Orbetello ed ilConsorzio Welcome Maremma che riunisce operatori turistici e della ristorazione del nostro territorio.
Dal 31 Ottobre al 4 Novembre a Orbetello cinque giornate per celebrare le tradizioni locali sia enogastronomiche che culturali e turistiche tramite degustazioni dei prodotti di eccellenza della zona, approfondimenti sulla cucina locale, presentazione al grande pubblico delle aziende produttrici, degli operatori turistici e dell’offerta culturale ed ambientale di Orbetello e della Maremma Toscana.
La manifestazione si articola quindi in numerose iniziative quali la Ristorazione e le Produzioni Tipiche Locali, le Tradizioni rappresentate dalla presenza delle Arti e Mestieri antichi che non dovrebbero andare perduti, la conoscenza della Storia, della Cultura e dell’Ambiente di questo territorio.
Gustatus è un’occasione per condividere con i visitatori della nostra zona le tradizioni legate alla laguna e a tutto ciò che ruota intorno ad essa. Un’occasione per portare i prodotti della nostra terra e delle nostre campagne direttamente nel centro del paese. Gustatus è anche l’occasione per riscoprire il connubio tra cultura in senso lato e cultura del cibo, cultura del buon mangiare e del buon bere. Gustatus è tutte queste cose e molto di più e anche quest’anno vi invitiamo a partecipare e a scoprire ciò che il Consorzio e l’Amministrazione hanno organizzato per voi.
Qui di sotto il link del sito dove troverete tutte le informazioni disponibili:

venerdì 18 ottobre 2013

Tre bicchieri 2014 ecco la toscana

La grande Toscana del vino arriva ai Tre Bicchieri con un importante risultato. Al primo posto il Chianti Classico, che si conferma un vino da primato, soprattutto nelle interpretazioni più vicine alla tradizione in cui il Sangiovese ritrova un ruolo da protagonista assoluto. Ci pensano poi Brunello di Montalcino, Bolgheri, Montepulciano a definire il ritratto di una regione dai grandi risultati .
In questa edizione della Guida ai Vini d'Italia del Gambero Rosso aumenta ancora il numero dei Tre Bicchieri: è la regione di riferimento per la migliore vitivinicultura italiana. I 24 i premi per il Chianti Classico confermano una qualità diffusa e un ritorno più vicino alla tradizione, con il Sangiovese protagonista assoluto. Per il Brunello di Montalcino le annate (2008 e Riserva 2007) non sono state tra le migliori, ma presentano vini dal profilo elegante e raffinato. Lo stesso si può dire per il Bolgheri (2010). Le altre zone, di dimensioni più ridotte, contribuiscono a comporre un panorama variegato. Pensiamo alla Maremma che torna a interpretare il proprio territorio non più in chiave ipertrofica, piuttosto in termini di fragranza e facile bevibilità. Poi Montepulciano, la Lucchesia, l’Aretino. Qui, come in molta parte d'Italia, le piccole aziende a conduzione familiare convivono con realtà di grandissime dimensioni: elemento, questo, che apre a interessanti possibilità di confronto e spunti di riflessione che non possono che far bene all’intero 
comparto.
Baffo Nero     ’11    Rocca di Frassinello
Biserno    ’10    Tenuta di Biserno
Bolgheri Rosso Sup. Grattamacco    ’10    Podere Grattamacco
Bolgheri Sassicaia    ’10    Tenuta San Guido
Bolgheri Sup. Argentiera    ’10    Tenuta Argentiera
Bolgheri Sup. Campo al Fico    ’10    I Luoghi
Bolgheri Sup. Castello di Bolgheri     ’10    Castello di Bolgheri
Bolgheri Sup. Ornellaia    ’10    Tenuta dell' Ornellaia
Bolgheri Sup. Sapaio    ’10    Podere Sapaio
Bolgheri Sup. Sondraia    ’10    Poggio al Tesoro
Brunello di Montalcino    ’08    Tenuta Le Potazzine

Brunello di Montalcino    ’08    Uccelliera
Brunello di Montalcino Bramante Ris.    ’07    Podere San Lorenzo
Brunello di Montalcino Cerretalto '07 Casanova di Neri

Brunello di Montalcino Fornace    ’08    Le Ragnaie
Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie    ’08    Il  Marroneto
Brunello di Montalcino Phenomena Ris.    ’07    Sesti - Castello di Argiano
Brunello di Montalcino Poggio al Vento Ris.    ’06    Tenuta Col d'Orcia
Brunello di Montalcino PS Ris.    ’07    Siro Pacenti
Brunello di Montalcino Ris.     ’07    Biondi Santi - Tenuta Il Greppo
Brunello di Montalcino Ris.    ’07    Canalicchio di Sopra
Brunello di Montalcino Ris.    ’07    Le  Chiuse
Brunello di Montalcino Ris.    ’07    Poggio di Sotto

Brunello di Montalcino Schiena d'Asino     ’08    Mastrojanni
Brunello di Montalcino V. delle Raunate     ’08    Mocali
Caberlot     ’10    Podere Il  Carnasciale
Chianti Cl.    ’11    Borgo Salcetino

Chianti Cl.    ’09    Castell'in Villa
Chianti Cl.    ’11    Castello di Monsanto
Chianti Cl.    ’10    Fontodi
Chianti Cl.    ’10    Val delle Corti
Chianti Cl. Baron'Ugo Ris.    ’09    Monteraponi
Chianti Cl. Bugialla Ris.     ’09    Poggerino
Chianti Cl. Colledilà    ’10    Barone Ricasoli
Chianti Cl. Fizzano Ris.    ’10    Rocca delle Macìe
Chianti Cl. Fontalpino    ’11    Fattoria Carpineta Fontalpino
Chianti Cl. Le Corti    ’10    Fattoria Le  Corti
Chianti Cl. Ris.    ’09    Badia a Coltibuono
Chianti Cl. Ris.    ’10    Brancaia
Chianti Cl. Ris.’09 Castello d'Albola

Chianti Cl. Ris. ’10 Castello di Volpaia
Chianti Cl. Ris.    ’10    Le  Miccine
Chianti Cl. Vign. di Campolungo Ris.     ’09    Lamole di Lamole
Coevo    ’10    Famiglia Cecchi
Colline Lucchesi Tenuta di Valgiano     ’10    Tenuta di Valgiano
Cortona Syrah     ’10    Stefano Amerighi
Cortona Syrah Il Castagno    ’10   Dionisio
Dofana '10 Carpineta Fontalpino
Fontalloro    ’10    Fattoria di Felsina
I Sodi di S. Niccolò     ’09    Castellare di Castellina
Le Pergole Torte    ’10    Montevertine
Montecucco Sangiovese Lombrone Ris. '09 Colle Massari

Montecucco Sangiovese    ’10    Montesalario
Morellino di Scansano Calestaia Ris.    ’09    Roccapesta

Morellino di Scansano Madrechiesa Ris.    ’10    Terenzi
Nobile di Montepulciano ’10 Conventino
Nobile di Montepulciano    ’10    Fattoria del Cerro
Nobile di Montepulciano    ’10    Salcheto
Nobile di Montepulciano Nocio dei Boscarelli '09 Boscarelli
Oreno    ’10    Tenuta Sette Ponti
Orma    ’10    Podere Orma
Paleo Rosso    ’10    Le  Macchiole
Poggiassai     ’10    Poggio Bonelli
Poggio ai Chiari    ’06    Colle SantaM ustiona
Poggio de' Colli '11 Piaggia
Rocca di Frassinello     ’11    Rocca di Frassinello
Siepi    ’10    Castello di Fonterutoli
Suisassi    ’10    Due Mani
Torrione    ’11    Fattoria Petrolo
Veneroso    ’10    Tenuta di Ghizzano
Vernaccia di S. Gimignano Campo della Pieve    ’11    Il Colombaio di Santa Chiara
Vernaccia di S. Gimignano Ris.     ’10    Fontaleoni
Vigorello    ’10    San Felice

giovedì 17 ottobre 2013

I migliori ristoranti toscani per la guida l'espresso

Si rinnova l’appuntamento con le eccellenze dell’enogastronomia italiana, con la presentazione delle guide per il 2014 dei Ristoranti d’Italia - giunta alla trentaseiesima edizione, All’origine della redazione delle guide, sta un lungo lavoro di ricerca e recensione; sono ben 25.000 i vini assaggiati, e oltre 2700 i ristoranti segnalati -, un lavoro caratterizzato da competenza e coerenza, e che rende le Guide dell’Espresso un testo di riferimento per tutti coloro che amano la qualità di vini e cibi, qualità che è un elemento imprescindibile del buon vivere.
Per la regione toscana a trionfare ancora una volta è Enoteca Pinchiorri di Firenze, con il riconoscimento dei tre cappelli.

lunedì 14 ottobre 2013

Rum & rum, le varie tipologie.

Tipologie di Rum, un po’ di chiarezza

Esistono migliaia di rum, molto diversi l’uno dall’altro, spesso diversissimi, tanto da non sembrare neppure lo stesso prodotto. Diverse sono anche le tecniche utilizzate nel processo produttivo e le zone di produzione sono tante, sparse in tutti i continenti. Raggruppare tutti questi rum all’interno di tipologie definite è difficile. Tanti ci hanno provato e continuano a provarci, magari per sostenere che la tipologia di rum a cui appartiene un certo prodotto è superiore alle altre e garantisce una maggiore qualità. Ci sono tipologie basate sul processo produttivo. Sono cose un po’ per addetti ai lavori, ma semplificando possiamo riassumere quanto segue. In generale una fermentazione lunga, cioè che dura alcuni giorni, produrrà un rum più pesante e scuro, tipico delle antiche colonie inglesi. Per i rum leggeri, di stile spagnolo, la melassa fermenta invece per un periodo breve, attorno alle 30 ore. La distillazione può essere discontinua mediante alambicco (rum pesanti di stile inglese), o continua mediate colonne  (rum leggeri di stile spagnolo).
Significativa è anche la gradazione alcolica del distillato alla fine della distillazione. Questa può essere di 60-65° e questi distillati diventeranno rum pesanti. Oppure può essere di 70-75° e questi distillati diventeranno rum medi. Infine la gradazione alcolica alla fine della distillazione può essere di 90-95° e questi distillati diventeranno rum leggeri.
Più facile da capire per tutti sono le tipologie basate sull’invecchiamento. Esistono rum che vengono imbottigliati subito dopo la distillazione, senza invecchiarli. Altri invece stanno nelle botti per un periodo breve, pochi mesi o qualche anno. Poi ci sono i veri invecchiati, generalmente dai 7 ai 9 anni ma a volte anche di più. Infine ci sono gli XO (extra old) che sono invecchiati 25 anni. Nel mondo del rum l’invecchiamento è una invenzione recente. Per secoli il rum è stato consumato appena prodotto. Solo nell ’800, a Cuba, si inizia ad invecchiare il distillato, chiamato aguardiente de caňa
ottenendo un prodotto di alta qualità, il ron. Oggi proliferano rum che dichiarano molti anni di invecchiamento ed ovviamente con un alto prezzo.
Esiste una grande controversia sulla effettiva verità dei processi produttivi dichiarati e delle annate che si stampano nelle etichette. Diciamo che è bene non fidarsi troppo e non dare nulla per scontato. Alla fine la qualità reale di un rum, e quindi anche il prezzo che si merita, si verifica solo bevendolo.
Ci sono poi tipologie basate sulla geografia. Storicamente sono esistite nei Caraibi tre grandi tradizioni: quella dei paesi di lingua inglese (rum), francese (rhum) e spagnola (ron). In passato si trattava anche di tecniche diverse di fermentazione e distillazione, e il prodotto era diverso: più forte, scuro e saporito il rum inglese; più leggero, dorato e raffinato il ron spagnolo. Inoltre nei paesi di lingua inglese e spagnola si usava come materia prima la melassa, in quelli di lingua francese anche il succo puro di canna.

Ma oggi nessuna di queste tipologie funziona davvero. I produttori cambiano e combinano materie prime e tecniche cercando di intercettare il gusto dei consumatori.
Ricordiamo inoltre che nei Caraibi mancano regole comuni precise sulla produzione di rum. Non esiste per capirci un disciplinare come esiste per il Cognac o i vini DOC. Ogni paese ha le sue leggi e comunque ogni produttore agisce a modo suo, spesso mantenendo segreti alcuni passaggi del processo produttivo. Solo nella Antille Francesi, che fanno parte del territorio nazionale francese, il rhum agricole, od agricolo, ha un disciplinare preciso che impone l’uso del succo puro di canna e non della melassa.
Insomma, nessuna tipologia ci permette di capire in anticipo il prodotto che abbiamo davanti e la sua qualità. E questa in fondo è anche la grande ricchezza del rum: ogni assaggio è una scoperta.





Ma il consumatore alle prime armi e soprattutto il professionista (barista, ristoratore, rivenditore ecc.) che deve fare acquisti e proporre poi i prodotti ai suoi clienti, miscelati e lisci, deve pur orientarsi in questo mare.
Proviamo quindi a disegnare una mappa, semplice e assolutamente non definitiva. Possiamo definirla una tipologia merceologica. Ci aiuta a leggere le etichette, ad usare il rum e ad orientarci sul prezzo.
  1. Rum chiari. Sono i più usati per i cocktail che hanno bisogno di un rum neutro, senza un sapore forte. Generalmente non sono invecchiati. Gusto neutro e leggero. Costo basso.
  2. Rum dorati. Si usano per i cocktail che hanno bisogno di rum dal sapore più pronunciato. Si bevono anche lisci. Hanno un buon sapore, semplice e con una persistenza in bocca breve. Sono poco invecchiati: da qualche mese a pochi anni. Contengono generalmente piccole quantità di caramello per stabilizzare ed omogeneizzare il colore. Costano un po’ di più.
  3. Rum invecchiati o premium. Invecchiati a lungo, da 7 anni in su. Colore ambra o legno scuro. Sapore ricco e intenso, lunga persistenza. Si bevono, anzi si degustano, lisci e con calma. Si possono anche definire rum da meditazione. Il processo di produzione è lungo, complesso e costoso. Quindi il prezzo è alto. Quando raggiungono il 25 anni di invecchiamento sono denominati XO (extra old) e sono l’aristocrazia dei rum da meditazione, con un prezzo molto alto.
  4. Over proofRum molto forti, imbottigliati spesso a grado pieno, cioè alla gradazione alcolica con cui escono dalla distillazione, senza aggiunta di acqua. In questo caso si chiamano Full proof. Alcuni non sono invecchiati, altri sì e diventano una variante più forte dei premium.
  5. Rum speziati. Da qualche anno vanno di moda. Sono generalmente rum chiari ed a bassa gradazione alcolica a cui vengono aggiunti in infusione frutta o altri prodotti per dare loro un odore e un sapore particolare.
  6. Creme di rum. Secondo molti esperti non sono veri rum, ma vanno sempre più di moda. Sono generalmente liquori a base di creme che contengono rum e altri sapori aggiunti come caffè, banana, cocco. Hanno generalmente una gradazione alcolica inferiore ai normali rum.
Attenzione, questa mappa può essere utile solo per iniziare a navigare. Poi, se vi interessa un rum informatevi sul suo conto. Territorio di origine, produttore, tecniche di fermentazione e distillazione, invecchiamento ecc.
E soprattutto provatelo.

Anche il pane toscano “sciocco” avrà la sua Dop.

Dal 14 agosto 2013 è partito il conto alla rovescia per la Dop al panetoscano “sciocco”; a distanza di tre mesi si avrà il riconoscimento definitivo. Fondamentale il contributo dei ricercatori delle Università di Pisa e di Firenze.
Uno dei pani più importanti della cultura storico-gastronomica italiana sta per ricevere l'ambita Dop (denominazione di origine protetta): stiamo parlando del pane toscano “sciocco”, ovvero il pane senza sale. Il 14 agosto 2013 la Gazzetta Ufficiale Europea ha pubblicato il documento unico da cui dipende il riconoscimento; passati tre mesi, nel caso di nessuna opposizione, il pane toscano avrà finalmente il suo marchio Dop. Un obiettivo non troppo semplice da raggiungere, che ha coinvolto il Consorzio che riunisce gli operatori della filiera, la Regione Toscana, le Università di Pisa e Firenze, il Ministero per le politiche agricole e anche L'Unione Europea.

"Il nostro contributo”ha spiegato Stefano Benedettelli, professore associato di Genetica Agraria presso l'Università di Firenze“è stato quello di definire le caratteristiche qualitative delle farine prodotte dai grani coltivati in Toscana, analizzando le serie storiche sia delle produzioni che degli andamenti meteo degli ultimi trent’anni. Quindi è stato possibile associare il territorio di produzione con le caratteristiche del prodotto ottenuto".
I ricercatori delle Università di Pisa e di Firenze hanno condotto indagini su aspetti climatici, sulle varie tipologie di frumento tipiche toscane e sul ruolo del lievito nello sviluppo di alcune caratteristiche delpane.
Per conseguire la Dop”ha aggiunto Gianpaolo Andrich professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa“era necessario dimostrare il legame con il territorio a partire dal grano, dal lievito madre e dal disciplinare di panificazione. Noi dell'Università di Pisa”ha concluso Andrich“abbiamo selezionato il lievito madre, cioè abbiamo individuato le popolazioni microbiotiche che lo compongono e per  questo ci siamo avvalsi anche dell’aiuto del gruppo di ricerca in microbiologia agraria dell’Ateneo  guidato dalla professoressa Emanuela Giovannetti. Quindi indicato le condizioni standard di panificazione come la temperatura o il tempo di lievitazione”.




sabato 5 ottobre 2013

Vivere bene mangiando sano

Mangiare in modo sano ed equilibrato è importante per il benessere psicofisico di ognuna di noi. 
Mangiare sano per vivere bene e in salute. Sembra facile, eppure non tutti possono dire di conoscere davvero le regole della corretta alimentazione. Attenzione: non stiamo parlando soltanto di dieta. Ma di regime alimentare equilibrato e vario, capace di garantire il giusto peso e la salubrità dell’organismo.
La dieta mediterranea si basa sul largo consumo di cereali e prodotti derivati (quali pasta e pane), frutta, ortaggi e legumi. La principale fonte di lipidi è l’olio extravergine di oliva. Pesce e latticini (come lo yogurt) sono invece tra gli alimenti animali consumati più frequentemente. I benefici della dieta mediterranea nella prevenzione di numerose malattie diffuse nei paesi sviluppati trovano riscontro in numerosi studi scientifici internazionali. Questo importante dato ha fatto in modo che dal 2010 la dieta mediterranea fosse riconosciuta patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO.

Per una corretta
 alimentazione e consigliato tenere ben presente queste semplici regole:

  • è necessario assumere cereali integrali e grassi vegetali ad ogni pasto;
  • frutta e verdura devono essere consumate nell'ordine di due o tre porzioni al giorno;
  • una dieta sana prevede l'integrazione quotidiana di piccole porzioni di legumi e frutta secca, da una a tre volte al giorno;
  • il pesce, il pollame e le uova, alternativamente, possono essere consumati per tre volte a settimana, così come i formaggi, ricchi di calcio;
  • carni rosse, burro, cereali raffinati, patate e dolci vanno consumati con moderazione.

    martedì 1 ottobre 2013

    Pazzi per la pizza



    La pizza è un simbolo dell’arte culinaria italiana, un alimento sano e completo, viene consigliata dai nutrizionisti e da questi considerata parte della dieta mediterranea.
    Qualcosa di unico, un alimento che consumiamo di continuo, una vera delizia che tutti nel mondo ci invidiano.
    Tutti gli italiani sono pazzi per pizza.
    E allora viva la pizza.
    Quella buona, italiana.